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L'anello


Adele era innamorata. Sorrideva, leggendo parole su un monitor luminoso, parole che sembravano uscire e prendere vita in tutto il loro splendore magico, parole che ormai non lasciavano più alcun dubbio. Lui le aveva scritto vediamoci e usava un tono scherzoso e ironico. Si erano già incontrati prima di allora diverse volte, si erano piaciuti e ora quelle parole preannunciavano tutto, o forse niente. Complici, ecco cosa erano. Sorrideva, mentre camminava in mezzo alla strada, e si muoveva tra macchine e marciapiedi con falcate sinuose - visto che in realtà le sembrava di volare e se qualcuno le avesse chiesto di farlo, lei in quel momento ci avrebbe pure provato. E sorrideva ancora, mentre, seduta sull'autobus, aveva premuto invio, il cellulare tra le mani come un dono prezioso. Lo sguardo sognante e un guizzo negli occhi che sembravano fissare aldilà, non c'era modo di tenere a freno la bocca che prorompeva in un sorriso da ebete: le pareva persino che la donna davanti a lei sull'autobus le rivolgesse uno sguardo d’amicizia. Anche se in fondo le sembrava di essere l'unica vera detentrice d'amore sulla terra, l'unica in grado di cogliere e interpretare la bellezza della realtà. Lei era amata e forse tutto il mondo lo sapeva -o forse no ma che importava, questa volta era davvero così. Adele era così piena d'amore da non accorgersi di quel poco che in realtà ne aveva in serbo in quel momento la donna davanti a lei, la signora Luisa Frangipani. Luisa era una donna fisicamente insignificante, non giovane, né vecchia, non brutta né bella: se fosse stata un colore sarebbe stato il beige, un beige senza sfumature. Lavorava in un negozio di ottica dove non andava mai nessuno perché era fuori mano (per questo le toccava prendere un sacco di autobus) e lei certamente non aveva voglia di fare pubblicità (tanto non era neanche il suo). Faceva pilates il lunedì. Le piaceva sciare ma non andava mai in montagna perché costava troppo. Non aveva figli perché non ci aveva mai pensato. Una donna anonima ma con un'eccezione: era sposata con un uomo bellissimo. Avevano la stessa età, ma lui sembrava più giovane e poi giocava a tennis, aveva diverse amanti, si teneva in forma insomma. Gianni, così si chiamava il bel marito che si era presa Luisa nell'unico momento della sua vita in cui aveva fatto qualcosa di glorioso, era anche simpatico, alla mano, abbastanza intelligente e sicuramente brillante. Il suo mestiere -commercialista- non lo rappresentava davvero (non era quel genere di uomo noioso e pignolo che ci si aspetta da chi fa il commercialista) ma gli dava modo di conoscere molte clienti giovani con problemi di contabilità. A Luisa non importava nulla dei tradimenti del marito. Lo sapeva, o meglio lo immaginava, e finché non lo avesse colto in flagrante, non aveva nessuna intenzione di manifestare alcunché. Non perché fosse buona o innamorata, ma perché in fondo non aveva voglia di cambiare. In quel periodo però Luisa era furibonda: la Fastweb le aveva caricato una doppia bolletta senza alcun motivo- per quell'abbonamento internet di cui lei non se ne faceva certo nulla, era Gianni quello che chattava- e quando lei aveva protestato al numero clienti le avevano fatto presente che avrebbe dovuto prima pagare e poi eventualmente lamentarsi. "Se risultasse nostro errore, lo scaleremo dalla prossima bolletta" le aveva detto una certa Chiara-buongiorno –servizio-Fastweb-come-posso-esservi-utile. Non solo: anche la bolletta del gas le sembrava quel mese gonfiata a dismisura e non aveva alcuna intenzione di pagare di più di quanto già pagasse. Nonostante Gianni fosse commercialista di queste cose se ne fregava altamente -le diceva "Lu (la chiamava così da quando si erano conosciuti) falle vedere a Gloria (la segretaria) ma tanto lo sai gonfiano sempre, e poi che ci vuoi fare, il mondo è così." Che ci vuoi fare, il mondo è così. La frase preferita di Gianni. E pure Gianni era così- come il mondo: lasciava fare che tanto... A Luisa invece, quando si trattava dei suoi soldi, rodeva. Erano suoi! Se li era sudati stando tutti i giorni dietro a una vetrina al neon, vestita con un camice. Non voleva subire ingiustizie di questo tipo. Si sentiva umiliata. In quel momento Luisa odiava il mondo e voleva che il mondo odiasse lei. Per questo quando vide quella ragazza con un assurdo taglio alla Elvis color canarino, non poté fare a meno di soffermarsi con crudeltà sul suo sguardo da imbambolata. "Che idiota" pensò, e nell'abbassare gli occhi verso il cellulare che la ragazza stringeva come un criceto da compagnia, vide un particolare che non poteva non colpirla. Sul suo pollice c'era un anello d'oro piuttosto spesso con due pendenti: una croce e un trifoglio smaltati di bianco. L'anello di sua madre! Luisa aguzzò gli occhi. Non c'erano dubbi: l'anello era proprio quello! Cosa ci faceva tra gli altri anelli insulsi nelle dita di quella ragazza? Se sua madre -morta due anni prima, pace all'anima sua- avesse visto! E dire che sin da quando Luisa era piccola, la madre le faceva vedere il suo scrigno -con tutti i gioielli che possedeva e non aveva mai messo- non erano tanti, né di gran valore ma le diceva sempre "mi raccomando Luisa, custodiscili sempre qui dentro anche dopo la mia morte, non portarli che li rovini e non darli mai a nessuno, che sono miei -tuoi quando morirò". Non c'era alcun dubbio che sua madre li avesse donati a una ragazza così, oltretutto negli ultimi anni non avrebbe mai avuto modo di incontrare nessuno: stava chiusa in casa tutto il giorno -ironia della sorte l'unica volta che uscì cadde su un lastrone di cemento e fu proprio così che morì. La ragazza era una ladra? Pensò allo scrigno che stava tuttora nella camera di sua madre in casa loro -camera che alla sua morte sarebbe dovuta diventare una sorta di stanza per gli ospiti, ma che in realtà, per scarsità di ospiti e per pigrizia della figlia, era una specie di santuario con i suoi oggetti polverosi trasformati in cimeli. No, nessuno poteva essere entrato in casa, tantomeno nella camera per gli ospiti… Gianni! Il pensiero le arrivò dalla parte sinistra del cervello, rapido e fulmineo! Quello sciagurato traditore aveva regalato un anello a una delle sue squinzie! E non un anello qualunque. L'anello di sua madre! "Scusa, dove l'hai preso quello?" la voce le uscì stridula e cattiva. "Cosa?" Adele si risvegliò improvvisamente e rimise il cellulare nella borsetta. Stava pensando a Lui e non capiva a cosa si riferisse quella scialba signora agitata. "L'anello, quello che porti al pollice". Tutti i vicini sull'autobus si girarono curiosi ad osservare le due donne. "Cosa?" ripeté Adele stordita, guardandosi le dita come se un cane gliele avesse morse. "Ho detto, dove hai preso quell'anello". "Me l'hanno regalato…" "Chi?" "Un amico…credo" "Ah un amico eh? Lo sai che quell'anello è di mia madre?" tuonò Luisa. Ora tutte le teste sull'autobus erano rivolte verso di loro. Adele si vergognava terribilmente e non sapeva cosa fare. Quella donna era visibilmente pazza ma se si fosse lanciata fuori dall'autobus -cosa che desiderava più di qualsiasi altra fare - tutti avrebbero pensato che era vero, che lei era una ladra e che la pazza aveva ragione. Ma se non l'avesse fatto, rischiava insulti e accuse alle quali lei non avrebbe saputo rispondere. Il pensiero andò immediatamente al suo amato: se lui fosse stato lì l'avrebbe difesa! Non vedeva l'ora di raccontarglielo. Prima però doveva uscirne. "Io non ho fatto niente, questo anello è mio, glielo giuro signora" cercò di dichiarare con quanta più assoluta fermezza poteva. "Balle" sentenziò Luisa "quello è di mia madre. Vedi: con una croce e un trifoglio. E' particolare, lo riconosco, non ne esistono altri. Io so chi te l'ha dato, sai". Adele impallidì: era proprio pazza. "Me l'ha dato…"tentò di ribattere. "Te l'ha dato lui, vero? Dimmelo". "No, io.. E' della mia famiglia" biascicò Adele. "Non è vero, menti. L'hai detto prima che te l'ha regalato un amico. Sappi che il tuo amico" Luisa enfatizzò quelle due parole "l'ha rubato a mia madre!". Sull'autobus tutti erano in silenzio: i più giovani parteggiavano per Adele ma si vergognavano come lei e perlopiù stavano a testa bassa, le vecchie erano dalla parte di Luisa e qualcuna di loro scuoteva la testa e annuiva con fare vigoroso verso di lei. "E so anche il nome del tuo amico" annunciò Luisa, con tono trionfante. Non avrebbe mai avuto il coraggio di dire il nome di Gianni anche se ormai il suo livello di sputtanamento era totale: da una parte avrebbe voluto che lo dicesse la ragazza, dall'altra no. In realtà ciò che voleva era solo urlarle contro. D'altronde era comunque un'offesa alla sua povera madre che ogni giorno della sua vita le ricordava quanto Gianni fosse stronzo e troppo bello per lei. "Non è vero, non è vero" si difese Adele, con una voce vicina al piagnucolio. La cosa incredibile era che non si ricordava più chi le aveva regalato quell'anello. Forse un vecchio fidanzatino alla sua festa dei 18 anni, ma era passato troppo tempo e non ricordava neanche il nome. L'aveva messo perché pensava che il quadrifoglio portasse fortuna, ma in effetti, come le aveva fatto notare quella pazza, era un trifoglio. "Ridammelo!" le intimò la donna. Adele toccava ora le 3 foglie del pendente -e sì, erano proprio 3 non 4- mentre girava l'anello tra le dita. "No, signora, quest'anello è mio": ora la voce divenne ferma "mi dispiace, si sbaglia" aggiunse. Luisa Frangipani era giunta al colmo. Questa ragazza con quel ridicolo ciuffo davanti agli occhi osava contraddirla, e perdipiù di fronte agli altri. Se sua madre fosse stata lì avrebbe sicuramente saputo cosa dire, ma lei era sempre stata inadeguata, troppo 'buona' come le ripeteva sempre. Decise di assumere un sorriso di circostanza e mostrare superiorità "So per certo che esiste solo una copia di questo anello, e ora ce l'hai tu. Se non vuoi ridarmelo, fai tu. Ma chiedi a quell'amico che te l'ha regalato dove l'ha preso." "Si sbaglia, la persona che me l'ha regalato non la vedo più da almeno 10 anni". La ragazza rispose sicura. Troppo. Luisa rimase un attimo interdetta. E se non fosse stato quell'anello? No, non aveva dubbi, c'era il trifoglio, c 'era la croce: era quello. La rabbia le crebbe ancora di più. Prima Chiara-servizio-Fastweb che le diceva di pagare e stare zitta, ora anche questa che le diceva che si sbagliava. Ma cosa pensavano tutti? Che fosse un'idiota? Che non si rendesse conto? Si alzò quasi minacciosa dalla scomoda sedia blu dell'autobus e alzò il dito verso la ragazza "Senti, tu e io sappiamo qual è la verità. Non mi va di fare scenate qua" in realtà stava urlando "ma dì al tuo cosiddetto amico che è un ladro! Hai capito? Diglielo che te l'ho detto io, diglielo!". Luisa era uscita di se'. L'ultima volta che aveva alzato la voce così tanto era alle medie quando aveva scoperto che un suo compagno di classe le aveva messo un verme nel panino. Ormai sull'autobus si era formata una crocchia di gente intorno alle due donne ancora sedute: quando Luisa si alzò col dito puntato verso Adele, oscillando pericolosamente in avanti, un vecchietto col bastone le fece da palo onde evitare che cadesse sulla povera malcapitata che s'era fatta sempre più piccola. La scena era surreale. Adele cercava di pensare a quali parole avrebbe usato con il suo amato per descrivere l'episodio e fargli capire davvero il panico che aveva vissuto. 'E allora la pazza si è avventata su di me, mi ha preso per il bavero e meno male che un ragazzo è intervenuto e mi ha salvata…' "Signora, Dio Bonino stia seduta che cade!" il vecchio apostrofò Luisa che però a quel punto realizzò che per salvare la faccia, se ne sarebbe dovuta andare. "Questa è la mia fermata!" annunciò solennemente "io scendo ma tu ricordati..." agitò le mani in aria, senza saper bene cosa aggiungere. Gli spettatori si scostarono per farla passare, in un timore quasi reverenziale. La donna raggiunse la porta e attese che l'autobus l'aprisse. Ma quanto era lento? "Comunque sappilo, il tuo amico è un ladro. Regolati per il futuro!" urlò per ribadire il concetto, mentre scendeva "e buonasera a tutti", aggiunse per ingraziarsi gli spettatori. Adele nel frattempo continuava a scuotere la testa e quando finalmente la pazza uscì, e ne seguì il clamore dei passeggeri che parteggiavano per lei, si mise a commentare la situazione ribadendo la sua innocenza. Tirò subito fuori il telefono: non vedeva l'ora di raccontargli tutto. Certo, magari non era il caso di chiamarlo subito, avrebbe compromesso un po' la sua immagine di donna misteriosa, ma era troppo incredibile quella vicenda. A questo punto lui avrebbe detto vediamoci che mi racconti davanti a una birra. Si immaginava già lei in un locale che gli raccontava della pazza e lui che rideva, e, guardandole il famigerato anello, le prendeva la mano, fissandola negli occhi. Luisa Frangipani era scesa almeno tre fermate prima e se le era fatte tutte a piedi, agitata, di corsa, arrivando persino a parlare da sola. Immagini di Gianni e della ragazza si sovrapponevano al volto rigido e severo di sua madre. Quel bastardo, come aveva potuto, come poteva tradirla così?! Senza nessuna considerazione! Oddio, fa che non sia vero. Ma che figura però. Oddio, fa che io abbia ragione. Entrata in casa non si tolse neanche la borsa e corse nella camera dei cimeli di sua madre. Dov’era l’anello, dov’era l’anello, dov’era l’anello? Non c'era! Lo sapeva! Ah no, ecco. C'era. L'anello era lì, era sempre stato lì. Non lo saprà mai nessuno, pensava Luisa Frangipani mentre si rigirava l'anello tra le mani, seduta sul possente letto di sua madre, ancora davanti allo scrigno. C'era forse qualcuno che conosceva sull'autobus? No. Non avrebbe mai più rivisto quella ragazza. D'altronde non l'aveva mai vista prima. E Gianni? Come aveva potuto dubitare di lui? Forse non era poi così stronzo come lei pensava. Si sentì in colpa. Per Gianni, che forse non l'aveva mai neanche tradita, per quella ragazza che aveva insultato gratuitamente, per sua madre che forse non aveva mai ascoltato seriamente, persino per Chiara del servizio Fastweb -lei faceva solo il suo lavoro e le aveva sbattuto giù il telefono. Forse avrebbe dovuto riflettere un po' prima di arrabbiarsi così tanto. Ma era nervosa...il negozio e tutto il resto. Sospirò. Forse aveva bisogno di una vacanza. Le sarebbe piaciuto andare in montagna, magari con Gianni, come ai vecchi tempi, si sarebbero potuti rilassare! Povero Gianni, alla fine lui era così sereno, era lei che non si sentiva mai a posto. Si ripromise che glielo avrebbe proposto quella sera. Courmayeur! Gli era sempre piaciuto! Già si immaginava, la baita, le montagne innevate, il cielo limpido, il sorriso caldo e rassicurante di Gianni. E stasera, avrebbe preparato le melanzane alla parmigiana che gli piacevano tanto.

Nel frattempo Adele si era già accordata con il suo amato per vedersi al Wine Bar Il Calice. Un aperitivo così, per fare anche due risate su quanto era successo. "Fammi capire, lei ti ha dato della ladra!" le disse Lui sogghignando. "Sì beh, non a me, al mio amico insomma" "E chi sarebbe questo che si permette di regalarti anelli?" Lui le si avvicinò con gli occhi brillanti. Flirtava. Quant'era bello! "Ma uno… Tanto tempo fa…non ricordo neppure che faccia avesse" rispose evasiva Adele, scostandosi il ciuffo con finta noncuranza. "Gli avrai spezzato il cuore" Lei ridacchiò: "Eddai, non prendermi in giro, guarda sono ancora agitata al pensiero… Poteva aggredirmi sul serio!" aggiunse capricciosa. "Mi dispiace piccolina. Che ci vuoi fare. Il mondo è fatto così". Scosse la testa e poi le prese le mani. Erano calde. Adele lo guardò. "Gianni…" mormorò civettuola, "così non va bene...". "E perché?" rispose lui, avvicinandosi sempre di più. "Ma perché sei il mio commercialista!" rise lei, senza scostare però il volto. "E che problema c'è?". Si baciarono davanti a un prosecco.

Luisa Frangipani smise di giocherellare con l'anello, fece per rimetterlo nello scrigno. Strano, aveva sempre pensato che il pendente fosse un trifoglio, invece era un quadrifoglio. Che buffe le convinzioni che abbiamo: sembrano tutte destinate a smontarsi. Beh, poco importava ormai. Doveva preparare la parmigiana e mettere sotto sale le melanzane. Si alzò. Courmayeur pensò. Un sorriso le passò sul volto.

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sono la baobabba storyteller e questo è il mio blog con i racconti che ho scritto in questi anni
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